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Il volume sulle arti figurative del Medioevo a Treviso esamina la negletta scultura architettonica, formata prevalentemente da frammenti erratici di arredi liturgici, ponendosi come limiti cronologici i tempi del vescovo Felice, che nel 569 risparmiò alla città sul Sile la distruzione da parte dei Longobardi, e la conclusione del cantiere romanico del Duomo, attestata dall'iscrizione con la data 1141 del mosaico pavimentale in gran parte perduto. Malgrado le tracce artistiche di questi secoli bui siano innegabilmente scarse, di ardua lettura e forse, di per sé, di non eccezionale importanza, una loro attenta analisi può dare indizi significativi agli storici, se condotta - come qui si è tentato di fare - contestualmente a un riesame di tutte le testimonianze documentarie, dalle fonti scritte alle leggende agiografiche sui martiri e alle incerte notizie sulle loro reliquie, dai controversi dati archeologici alle parlanti emergenze architettonico-urbanistiche. Pur non essendo mai stata un vero centro di produzione di sculture, Treviso costituisce un punto di osservazione privilegiato per lo studio dell'irradiamento dalle sponde adriatiche all'Italia del Nord-Est delle opere e degli influssi prima di Costantinopoli e Ravenna, poi di Venezia, ma anche per la difficile ricostruzione del ruolo avuto da Parenzo durante lo scisma tricapitolino, di Grado nell'età esarcale, di Cividale del Friuli e Cittanova Eracleia nell'VIII secolo. Includendo nel campo d'indagine città morte come Altino, Torcello, Oderzo e Concordia, ma anche Ceneda, fiorente in età longobarda, il libro offre una panoramica ad ampio raggio, in cui spicca la precoce affermazione della scuola lagunare già fra la seconda metà dell'VIII e l'inizio del IX secolo (anzi, in un excursus sull'origine di Venezia si arriva a sostenere che proprio l'abbondante produzione scultorea, specie di sarcofagi e vere da pozzo, del Dogado venetico in quest'epoca aiuti a dimostrare che la zona si è intensamente popolata ed ha avuto rilevanza economica solo da allora). Analogamente per l'XI secolo la ricostruzione del Duomo di Treviso del vescovo Rotario getta luce sui cantieri delle cattedrali di Aquileia e Torcello e dell'abbaziale di Pomposa, così come il cantiere del Duomo del 1141 è connesso con quelli "contariniani" della stessa Pomposa, di Padova e Murano.